L’anteprima della mostra dei Pink Floyd a Londra, firmata da Nino Gatti per Rockol.
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Il rock entra nei musei e lo fa avendone guadagnato il diritto con la sua storia e con i suoi protagonisti più rappresentativi. Il Victoria & Albert di Londra, il più grande museo di arte e design del mondo, ospita l’attesissima esposizione “The Pink Floyd Exhibition: Their Mortal Remains”, che celebra i cinquant’anni di storia di uno dei gruppi più importanti del panorama musicale internazionale. Non ci sono dubbi sul successo della mostra che aprirà ufficialmente al pubblico sabato 13 maggio; i biglietti per i primi giorni sono andati letteralmente a ruba e le richieste di prenotazioni arrivano da tutto il mondo. La speranza degli organizzatori è quella di poter superare i trecentomila visitatori dell’esibizione di David Bowie.
I Pink Floyd hanno collaborato attivamente a quello che risulta essere uno spettacolo audio visivo di tutto rispetto. Su tutti Nick Mason, il vero archivista della band, a stretto contatto già dalla fine dello scorso anno con i curatori dell’evento. Ad inaugurare ieri sera ufficialmente la mostra è stato proprio il batterista della band, al termine di una giornata che ha movimentato la tranquilla Cromwell Road; in mattinata i giornalisti di tutto il mondo hanno potuto visitare in anteprima l’esibizione, mentre alle 19 l’ingresso del museo si è trasformato in una vera e propria parata di stelle in stile hollywoodiano con un party privato organizzato dai Pink Floyd.
Tra una battuta e l’altra il buon Mason, che ha salutato i presenti nell’ingresso della V&A, ha trovato il coraggio di scherzare anche sull’assenza di quelli che erano i suoi colleghi più attesi, David Gilmour e Roger Waters, probabilmente ancora alle prese con le loro beghe interne e che agli occhi di molti non avrebbero dovuto mancare l’evento che celebra ufficialmente la loro storia. Quando Mason ha concluso i ringraziamenti ricordando i fan di tutto il mondo, indicandoli come quelli che sono stati i veri protagonisti del loro successo, un fremito d’orgoglio ha riempito la mia anima di ‘fan infiltrato’ al cospetto della band che mi accompagna da quarant’anni.
Tra i tanti amici, familiari e collaboratori dei Pink Floyd si aggiravano emozionati ieri sera Aubrey Powell, il grafico della Hipgnosis, Bob Klose, il loro primo chitarrista del periodo 1964-1965, Phil Taylor, il tecnico che cura le chitarre di David Gilmour, Joe Boyd, produttore del loro primo singolo “Arnold Layne” firmato da Syd Barrett nel 1967, Bob Geldof (emozionato quando hanno ricordato il Live8 che ha riunito i quattro Pink Floyd sul palco per l’ultima volta), i registi Adrian Maben (“Live at Pompeii”) e Alan Parker (“The Wall”), il bassista Guy Pratt (Pink Floyd, David Gilmour) ma anche star della musica come Jimmy Page dei Led Zeppelin, Brian May e Roger Taylor dei Queen, Noel Gallagher (Oasis), Johnny Marr (Smiths), Nick Rhodes (Duran Duran). C’erano anche Graham Coxon dei Blur e il regista Ian Emes, che realizzò l’animazione di “One of these days” nel 1973.
Ad accogliere i visitatori fuori dall’esposizione la prima sorpresa: il mixing desk utilizzato nel 1973 dai Pink Floyd per realizzare il loro disco più fortunato, “The dark side of the moon”, acquistato di recente ad un’asta dal musicista e collezionista americano Perry Margouleff, che si è aggiudicato questo prestigioso pezzo di storia per 1.400.000 dollari con l’intenzione di installarlo nel suo studio newyorkese.
L’approccio visuale che ha caratterizzato la storia dei Pink Floyd e dei loro leggendari spettacoli è stato mantenuto anche in occasione di questa esibizione, soprattutto nella sezione centrale dove sono ospitati pupazzi gonfiabili e altri oggetti che hanno contraddistinto i loro spettacoli dagli anni Settanta in poi. Per offrire al meglio tutti questi ‘tesori’ del passato sono stati scomodati lo staff della Hipgnosis, i realizzatori di gran parte delle copertine dei loro dischi, Stufish, ‘responsabili’ degli spettacoli di The Wall tra il 1980 e il 1981 fino alla Sennheiser, che si è occupata del suono nelle sale del V&A.
Per accedere alla mostra i visitatori devono fare un salto nel passato della band, attraversando letteralmente l’ingresso laterale della splendida riproduzione in scala quasi raddoppiata del furgone Bedford nero con la fascia bianca, utilizzato nel 1965 dai futuri Pink Floyd quando si chiamavano ancora The Tea Set ed erano soltanto una rampante band studentesca. Quella fascia bianca, disegnata all’epoca da Barrett e compagni, è diventato il simbolo grafico della loro recente uscita discografica, il monumentale box “The Early Years 1965-1972”.
Dal furgone ci si immerge direttamente nell’era psichedelica del periodo 1966-1967, un vero e proprio viaggio audio-visivo nella storia dei Pink Floyd dagli esordi fino alla reunion del 2005. Gli occhi cadono su ogni oggetto e si viene presi da un’emozione profonda: ci sono manoscritti, dischi acetati con canzoni inedite, poster e biglietti e memorabilia dei loro concerti dal 1965 ad oggi, strumenti ed amplificatori utilizzati per suonare nei vari periodi della loro vita artistica, oggetti personali e persino un incredibile ologramma che rapirà la vostra attenzione per diversi minuti. Alcuni oggetti non erano mai stati esposti prima in pubblico e soddisferanno la curiosità del fan distratto ma anche quella degli irriducibili ed incontentabili collezionisti.
Lasciamo ai visitatori la magia di scoprire le sorprese e di respirare la storia della band attraverso questi oggetti. Si esplora un’era che non ritornerà mai più, dal periodo psichedelico di Syd Barrett, il loro menestrello perduto attraversando gli stili, le parole e l’arte visiva di una delle band più influenti e significative della storia della musica.
Scommessa vinta dunque questa del museo londinese, che dimostra vitalità e coraggio nel differenziare l’offerta delle proprie proposte espositive, lo stesso coraggio che ha motivato l’apertura al rock di spazi appartenenti al patrimonio culturale italiano come l’anfiteatro di Pompei, che ha ospitato lo scorso anno due concerti di David Gilmour, attesi su dvd a fine anno. “The Pink Floyd Exhibition: Their Mortal Remains” diventerà una mostra itinerante e come confermato da Nick Mason toccherà anche l’Italia nei prossimi mesi.