Pink Floyd – Their Mortal Remains’: la mostra di Londra analizzata nel dettaglio
di Nino Gatti
tratto da Rockol
foto di Laura Bit
“Pink Floyd- Their Mortal Remains” gioca già dal titolo, preso in prestito dalla canzone “Nobody Home” (The Wall) su quanto gli spettatori potranno scoprire in questa bellissima esposizione, che sarà aperta al pubblico dal 13 maggio al 1 ottobre 2017. Non è originale l’idea di proporre una mostra tematica sui Pink Floyd; molto materiale e alcune idee sono state liberamente riprese dalla mostra “Interstellar Exhibition” che fu organizzata a Parigi nel 2003.
All’ingresso della mostra si viene dotati di un lettore e di una cuffia, con le musiche coordinate con i vari settori visitati. Il suono è eccezionale ma non era difficile da immaginare dato che qui è tutto marchiato Sennheiser.
Una particolarità della mostra è l’utilizzo di alcune cabine telefoniche inglesi, disseminate di qua e di là nei vari settori, all’interno delle quali sono disposte, come in una enorme bacheca, riviste, quotidiani, foto, ritagli, copertine di dischi e altro materiale relativo ad un determinato periodo storico, un modo per ricordare quello che accadeva ‘fuori’ dal mondo dei Pink Floyd nei vari periodi della loro vita artistica. Sui muri, a commento delle varie sezioni, ci sono ampie porzioni di testo, le didascalie sono esaurienti e precise, mentre alcuni monitor con video di repertorio della band ma anche nuove interviste realizzate nelle ultime settimane da Mason, Gilmour e Waters.
E’ un vero e proprio viaggio nella storia dei Pink Floyd questa esposizione e il viaggio parte dalle origini, quando erano appena ventenni, pieni di entusiasmo e pochi soldi nelle tasche. La prima vera sorpresa è l’ingresso della mostra. Per accedere i visitatori devono attraversare letteralmente l’ingresso laterale della splendida riproduzione in scala quasi raddoppiata del furgone Bedford nero con la fascia bianca, utilizzato nel 1965 dai futuri Pink Floyd quando si chiamavano ancora The Tea Set. Quella fascia bianca, disegnata all’epoca da Barrett e compagni, è diventato il simbolo grafico della loro recente uscita discografica, il monumentale box “The Early Years 1965-1972”.
Appena entrati nella “pancia” del furgone, una lettera originale risalente alla fine del 1965 e scritta da Syd Barrett alla sua fidanzata dell’epoca, Jenny Spires, racconta che la band aveva decorato il loro furgoncino della Bedford con la striscia bianca. Pochi passi e si entra nella stanza ‘psichedelica’, l’unica veramente colorata di tutta l’esposizione. Siamo in piena epoca psichedelica, in una esplosione di suoni e colori che ci riporta agli esordi della band. A sinistra una riproduzione gigante di un inserto pubblicitario relativo all’UFO Club di Londra, al centro della sala una cabina telefonica inglese decorata con disegni in bianco e nero in stile optical e di fronte uno schermo su cui viene trasmesso in loop un vecchio film in bianco e nero di “Alice nel paese delle meraviglie”, una delle influenze letterarie del giovane Barrett. Il soffitto è animato dalle proiezioni di bolle colorate in movimento, che solitamente venivano proiettate sulla band durante le esibizioni del periodo 1966-1967, curate da Peter Wynne Wilson, il loro tecnico delle luci.
Sulla sinistra della stanza alcune riviste e due foto pubblicitarie realizzate da Andrew Whittuck ad Hamstead nel giugno 1967, trattate a colori da Peter Curzon, un monitor che proietta video e a seguire l’intero “albero genealogico” della band con le configurazioni delle varie formazioni. Sulla destra un colpo d’occhio d’effetto con una serie di poster originali del 1967. Ci sono ben quattro poster che testimoniano i concerti dei Pink Floyd all’UFO Club: il primo per la serata inaugurale “Nite Tripper” del 23 dicembre 1966, il secondo per quella del 27 gennaio, il terzo che raggruppava i concerti della band del 13 e 20 gennaio e il quarto relativo a due concerti, 27 febbraio e 10 marzo. Tra i poster uno dei Pink Floyd al Marquee del 22 e 29 dicembre 1966 dalla collezione dell’allora moglie di Nick Mason, Lindy. Infine il poster per lo spettacolo “Sunday At The Saville” dove si sarebbero esibiti i Pink Floyd il 1 ottobre 1967. Ci sono anche quattro cravatte con disegni in stile optical, molto apprezzate all’epoca.
La stanza successiva contiene alcune sezioni dedicate agli album di quel periodo.
Il primo settore è relativo al primo periodo. Sulla destra un omaggio a Barrett con un disegno di Duggie Fields, l’artista con cui Syd divise il suo appartamento alla fine degli anni Sessanta, alcuni disegni giovanili di Barrett, un video con diverse interviste a persone che hanno conosciuto l’autore delle prime canzoni dei Pink Floyd. Il periodo barrettiano continua nella sezione relativa agli anni giovanili della band, pieno di foto e di materiale interessante. Si notano il proiettore Rank Aldis Tutor usato da Peter Wynne Wilson nel 1966-1967, copiosamente sporco di colori su tutto il corpo macchina, il disegno Abstract In Blue regalato da Barrett alla sua amata Libby nel natale 1965, un biglietto da visita dei Tea-Set, il 33 giri di Blind Boy Fuller “Country Blues 1935-1940” dal quale Syd Barrett si ispirò per trarre il nome Pink Floyd dalle note di copertina (a tal scopo ci sono le due fotografie di Pinkney Anderson e Floyd Council).
Presente anche il rarissimo acetato della canzone “Butterfly” inciso dai Tea Set nel gennaio/febbraio 1965 poco prima di cambiare nome in Pink Floyd, libri come l’I-Ching e una raccolta di James Joyce, tra le letture preferite da Barrett, alcune foto d’epoca, un giradischi, il 33 giri The Freewheelin’ di Bob Dylan e un televisore degli anni sessanta con le immagini di David Gilmour a 16 anni mentre suona la chitarra a casa sua (trasmesso di recente in un documentario della BBC sul chitarrista), una foto di Gilmour con la band giovanile dei Jokers Wild dell’ottobre 1965 e due poster dei Pink Floyd del 1966. C’è una foto delle prove dei Sigma 6 al Regent Street Polytechnic di Londra del 1964 e una foto promozionale dei Pink Floyd in formazione a cinque con Bob Klose del 1965. I più attenti scorgeranno un paio di ‘cosmonocles’ che erano stati costruiti dal loro tecnico delle luci Peter Wynne Wilson.
Si passa al 1967; c’è un contratto relativo ai loro spettacoli, il loro primo 45 giri “Arnold Layne” e dalla collezione di Aubrey Powell “Apples And Oranges” con copertina a colori nella rara edizione olandese del 1967, la replica della chitarra a specchi di Syd Barrett realizzata nel 2014 da Phil Taylor, i nastri originali delle registrazioni di “Apples And Oranges”, cavi ed effetti vari, il poster promozionale di “Arnold Layne” approntato per i negozi inglesi con un disegno di Syd Barrett, alcuni interessanti biglietti di concerti dell’epoca o volantini come quello per il celebre concerto “Games For May” del 12 maggio 1967 o l’altrettanto raro invito per il lancio del singolo “Arnold Layne” organizzato dalla EMI nei suoi uffici il 3 marzo 1967. Tra gli strumenti è presente l’amplificatore Selmer Stereomaster e l’effetto Binson Echorec Baby.
La sezione dedicata all’album “A Saucerful Of Secrets” comprende due camicie e un cappello appartenute a Nick Mason e davanti a loro il famoso Azimuth Co-Ordinator, con il quale facevano girare il suono all’interno della sala da concerto, un precursore del suono “surround” che era stato ideato apposta per i Pink Floyd da un tecnico della EMI, Bernard Speight. C’è il poster originale del Festival del Pop a Roma del 1968, un miniposter del loro concerto a Torrance (California) del 23 e 24 agosto 1968, un poster del concerto di Sacramento del 16-17 agosto 1968 e quello di San Francisco del 2-4 agosto 1968. C’è anche il bellissimo poster dello spettacolo “The Massed Gadgets Of Auximenes – More Furious Madness from Pink Floyd” che si svolse alla Royal Festival Hall il 14 aprile 1969 e che fu disegnato da Storm Thorgerson e Aubrey Powell della Hipgnosis, l’organo Farfisa Compact Duo di Wright, il basso di Waters e alcuni documenti dell’epoca risalenti alle loro performance per la BBC registrata il 12 maggio 1969, oltre al diario di Nick Mason aperto nelle pagine del 17 e 18 marzo 1968 ma riferito a due concerti dell’anno precedente. Colpisce la tenerezza di una breve lettera di David Gilmour ai genitori che si trovavano negli USA, nella quale annunciava loro di essere entrato a suonare nei Pink Floyd, sottolineando che per un errore della stampa la notizia era stata comunicata dai giornali storpiando il suo nome in “Gilmur”. A terra una serie di cubi di legno con le lettere colorate sembrano messi a casa ma ad un attento esame formano la frase “Have You Got It Yet”, così come la canzone che Barrett cercò di insegnare al resto della band agli inizi del 1968, quando Gilmour era già entrato in formazione. C’è anche un rarissimo acetato con le due canzoni incise negli USA nel 1968, “Song 1” e “Roger’s Boogie”, contenute nel recente cofanetto “Pink Floyd – The Early Years 1965-1972”. Infine il programma del tour inglese del 1969. Visto poche volte prima anche il “Tar Monster” dell’artista Peter Dockley, un costume da lui utilizzato in occasione dello spettacolo “The Massed Gadtes of Auximines” dei Pink Floyd del 1969.
A metà sala campeggia una gigantografia della copertina di “Ummagumma” retroilluminata; sul lato destro e sinistro sono stati posizionati due specchi creano un infinito gioco di riflessi dell’immagine principale.
Una parete è riservata ai film per i quali la band ha fornito la colonna sonora. Ci sono così i manifesti originali di “Tonite Let’s All Make Love In London” (1968), quello di “The Committee” (1968), “More” (1969), “Zabriskie Point” (1970) e “La Vallee” (1972) e le copertine dei dischi “More” e “Obscured By Clouds”.
Al centro della stanza un espositore bifacciale comprende gli anni 1970 e 1971. Quello dedicato ad “Atom Heart Mother” contiene l’immagine ‘Wire Cow”, realizzata da Storm Thorgerson per i 40 anni del disco nel 2010, il basso Fender di Waters e la Fender Sunburst Stratocaster del 1959 di Gilmour, un flyer del Festival di Bath del 1970 e una raccolta di testi non autorizzata degli anni Settanta, oltre a numerose foto in studio e dal vivo, lo spartito originale della sezione orchestrale di “Atom Heart Mother” di Ron Geesin, la pagina del quotidiano dal quale i Pink Floyd si ispirarono per il titolo della suite “Atom Heart Mother” e un ritaglio di giornale del Record Mirror datato 22 novembre 1969 in cui i Pink Floyd annunciavano di non voler più incidere i singoli.
Lo spazio riservato a “Meddle” contiene una pedal steel di Gilmour, flyer e programmi dai concerti in Giappone, ad Amsterdam, al Crystal Palace, la foto interna della copertina di “Meddle”, due disegni preparatori della copertina e una inserzione pubblicitaria a colori dell’epoca, l’amplificatore Phase Linear 400.
Prima di arrivare alla sezione di “Dark Side”, una intera vetrina è dedicata al film “Pink Floyd Live at Pompeii”. Oltre alla chitarra di Gilmour, ad alcuni effetti e all’immancabile Binson Echorec, c’è una delle casse della Wem, alcune bacchette della batteria di Mason e una serie di poster e fotografie realizzate sul set, tra cui una a colori di Steve O’Rourke con maglietta rossa, seduto nell’anfiteatro di Pompei durante la lavorazione del film. Sullo sfondo campeggia una grande fotografia dei Pink Floyd tratta dal film mentre eseguono “Careful With That Axe, Eugene”.
La sezione successiva è riservata a “The Dark Side Of The Moon”. Una serie di bellissimi scatti in bianco e nero del tour del 1974 raccolti dalla macchina fotografica di Jill Furmanovski, alle quali fa seguito una bacheca che contiene il cd di Tom Stoppard, il programma dei concerti dei Pink Floyd al Rainbow Theatre del febbraio 1972, il programma per i concerti americani dell’autunno 1972, il disegno sul lucido per il layout definitivo della copertina di “Dark Side”, una versione alternativa della copertina del 1972 quando si chiamava ancora “Eclipse”, un rullante di batteria con la grafica tratta dal disco del 1973, foto e grafica delle piramidi usate per il disco e persino una lettera della Nasa con la foto e la testimonianza di un’astronauta che ha ascoltato la riedizione del cd pubblicata nel 2003 mentre era in missione spaziale! Sul muro che costeggia l’ingresso della sala successiva la riproduzione in grande della grafica dei battiti cardiaci della copertina del disco e al centro il poster del loro tour inglese del 1972 tratto dal settimanale musicale inglese Melody Maker del 15 gennaio 1972. La stanza che segue si potrebbe definire “dark room”. Completamente buia, ci accoglie con un pannello che riproduce la foto notturna di una piramide su cui c’è sovraimpresso il testo della canzone “Eclipse”. In questa stanza è possibile ammirare un incredibile ologramma relativo al prisma della copertina del disco. L’immagine ruota lentamente ed è accompagnata dalla musica, un effetto che riesce a rapirti per alcuni minuti. Prima di abbandonare questa stanza, su una parete la bellissima gigantografia retroilluminata realizzata da Storm Thorgerson nel 2003 per l’edizione del SACD dell’album.
Una intera sala è riservata agli strumenti e all’amplificazione utilizzati dalla band negli anni Settanta. Ci sono anche una serie di riproduzioni delle immagini utilizzate da Nick Mason sulla grancassa della sua batteria, come quelle del 1970 definite “Star Head” e quelle del 1971 indicate come “Expanding Circles”. La prima sezione è interessante in quanto sono stati ricreate tre porzioni di un mixer con otto canali, con la possibilità di isolare o far suonare tutti i insieme voci, effetti e chitarra del brano “Money”. Affascinante l’alternativa di poter ascoltare soltanto il sax, oppure soltanto il basso dell’intero brano, cogliendo suoni e sfumature che si perdono durante l’esecuzione corale. Nell’ordine è possibile scegliere tra Cash Register, Lead Vocal, Keyboards, Guitar 1, Guitar 2, Bass, Drums, Sax.
Gran parte dello spazio contiene gli strumenti originali appartenuti ai musicisti. Si va dalla batteria con la decorazione delle onde di Hokusai utilizzata da Mason a metà degli anni Settanta fino a quella color grigio preparata per la Surrogate Band e usata nei concerti di The Wall (1980-1981). C’è la famosa ed originale Black Stratocaster acquistata da Gilmour a New York nel maggio 1970, al fianco della quale c’è un nuovo ed inedito filmato di Gilmour che la suona dal vivo nello studio 2 di Abbey Road. E’ possibile visionare da vicini alcuni bassi di Waters e varie tastiere di Richard Wright, così come il gong Paiste 36” Symphonic del 1969 con il logo dei martelli usato per i concerti di The Wall, una chitarra acustica Ovation a dodici corde del 1978, un basso della Ovation del 1978 e un mandolino. Prima di lasciare la sala, una parete è dedicata alla riproduzione del programma a fumetti realizzato dalla Hipgnosis per il tour del 1974, diviso in varie illustrazioni.
La sezione successiva è dedicata all’album “Wish You Were Here”. Sui ogni lato della stanza la gigantografia delle immagini di copertina di “Wish You Were Here”, a sinistra l’uomo con bombetta con i piedi nella sabbia, al centro la foto del tuffatore, a destra la foto dei due uomini che si stringono la mano (lo scatto è quello differente che fu usato per l’edizione americana del disco). A fianco, racchiusi in una cornice, le venti diapositive con gli scatti realizzati in sequenza cinematografica nel giro di pochi secondi per quella foto di copertina, dal momento in cui venne dato fuoco ad uno dei due stuntman assoldati per lo scopo fino a quando il fuoco lo costringerà a dover ricorrere ai soccorritori con gli estintori. Ci sono anche una foto di Magritte del 1976 che mostra una foto del suo quadro “The Great War” mentre indossa una bombetta simile a quella del personaggio da lui dipinto nel 1966, mentre sul pavimento il logo delle mani che si stringono che era riportato sull’adesivo posto sulla copertina dell’album. Un piccolo monitor ospita una animazione del velo rosso mosso dal vento, tratto dalle foto realizzate dalla Hipgnosis nel 1975 per la copertina di “Wish You Were Here”.
Sulla quarta parete un espositore che contiene vari oggetti. Al centro campeggia una foto di Roger Waters durante le sedute di registrazione del disco, mentre sui due lati sono posizionate altre sei foto sempre firmate dalla fotografa Jill Furmanovski. In alto a sinistra un monitor con alcuni filmati recenti. Su un ripiano sono disposti la pagina centrale della rivista Street Life del 1976 con un articolo dedicato al loro nuovo disco. Si fanno notare due pagine da un block notes con il testo provvisorio di “Have a cigar” scritto a mano da Roger Waters (1975). Ad attirare l’attenzione dei visitatori è soprattutto una sconvolgente Polaroid di Syd Barrett, inedita e differente da quella già pubblicata da Nick Mason nel suo libro “Inside Out”. Syd Barrett, pelato e sovrappeso, è seduto su una poltroncina e indossa una maglietta a righe bianca e rossa. Lo scatto fu realizzato il 5 giugno 1975, quando visitò gli Abbey Road Studios di Londra osservando i Pink Floyd che quel giorno stavano terminando i lavori sul nuovo album. Nella bacheca anche il manoscritto originale del libro “In The Pink (Not A Hunting Memoir)” su cui stava lavorando il giornalista Nick Sedgwick nel 1974-75. Dopo la morte di Sedgwick nel 2011, Waters ha voluto fortemente che il libro fosse pubblicato e dovrebbe essere dato alle stampe a breve.
La sala adiacente si apre con una piccola sezione, “Punk v. Pink”, con la foto della famosa maglietta di Johnny Rotten “I hate Pink Floyd”, la riproduzione della stessa oltre a materiale dedicato ai Sex Pistols. C’è il famoso video di animazione “One Of These Days” realizzato dal regista Ian Emes, compresi alcuni disegni originali, così come quelli da lui realizzati per animare il video di “Time” utilizzato dalla band in concerto a partire dal 1974. Infine sono visibili le grafiche realizzate dalla Hipgnosis per il concerto di Knebworth del 1975 con i disegni dei vari componenti della bicicletta.
A sorprendere i visitatori della mostra la sala centrale, riservata al periodo 1977-1983. Appena entrati troverete un mastodontico edificio che replica la Battersea Power Station di Londra, aperto sui vari lati, dentro il quale è possibile ammirare numeroso materiale relativo al disco e al tour di “Animals”. Ci sono chitarre elettriche, tastiere e gli effetti della chitarra di Gilmour, le foto per la realizzazione della copertina dell’album, un raro esemplare della pecora in carta che veniva utilizzata dal vivo quando suonavano “Sheep” e finanche i disegni originali della “Nuclear Family” realizzati da Andrew Sanders nel 1977, la madre stesa sul sofà e l’obeso genitore con un sigaro in mano, infine un poco conosciuto poster promozionale svizzero del disco con il disegno di un cinghiale! La sala è completamente circondata dai mattoni del muro, con diverse aperture per mostrare gli oggetti in mostra. A sinistra in alto il frigorifero con i vermi e il televisore, che erano due dei famosi gonfiabili utilizzati durante il tour americano del 1977, oltre alla palla a spicchi utilizzata nei concerti mentre eseguivano la parte finale di “Shine On You Crazy Diamond” del 1977. Posizionato su un mattone che fuoriesce dal muro, “pink”, il pupazzo rosa utilizzato per i concerti di The Wall tra il 1980 e il 1981. Sono presentati una serie di manoscritti originali, con testo e disegni realizzati da Roger Waters durante la lavorazione del disco, compreso il manoscritto delle tre parti di “Another Brick In The Wall”. Altro manoscritto relativo al testo di “Anybody out there”, versione primordiale di “Is There Anybody Out There”. Sul muro, l’enorme lettering originale del disco, “Pink Floyd The Wall” e poco più in là una grande apertura con tanto di mattoni per terra che contiene il pupazzo gonfiabile del maestro di scuola, utilizzato per i recenti spettacoli di “The Wall” di Roger Waters. Altro squarcio nel muro e si può ammirare quasi a portata di mano un’altra creazione dalla matita di Gerald Scarfe, la testa della moglie di Pink con i fari al posto degli occhi. A fianco, due disegni originali utilizzati per le animazioni del film e ci sono anche le quattro maschere in lattice che riproducevano le sembianze di Gilmour, Mason, Waters e Wright, utilizzate dalla Surrogate Band durante le esecuzioni dal vivo di “In The Flesh”. Tra i documenti originali dell’epoca anche una nota con alcuni indicazioni per i tecnici e il personale dello show, idee che non furono però mai messe in opera.
I rapporti tra Waters e gli insegnanti sono testimoniati da due oggetti ritrovati di recente nell’istituto in cui studiò il bassista negli anni dell’adolescenza. C’è il bastone di rattan flessibile che l’insegnante di Waters utilizzava per ‘punire’ gli alunni indisciplinati, oltre al “registro delle punizioni” con le note agli alunni (in evidenza una impartita proprio al giovane Roger) e sullo sfondo la foto di gruppo dei ragazzi dell’istituto di quell’anno. Questo genere di punizioni corporali sono rimaste attive in Inghilterra per molti anni ancora e furono bandite ufficialmente soltanto nel 2003.
Posizionati in alto sulla testa del pubblico, così come accadeva nei loro concerti dal vivo, il maiale gonfiabile e un modello di aereo da guerra. Sull’ultima parte del muro, in chiusura, una nuova apertura dedicata a “The Final Cut”. Si scorge il manichino di un soldato di spalle, in piedi tra spighe di grano e papaveri, una pizza cinematografica sotto il braccio e coltello piantato dietro la schiena (si tratta dell’immagine che è visibile nella copertina del disco e in alcuni inserti pubblicitari dell’epoca. In alto, quasi sulla testa del soldato, quattro enormi riproduzioni delle onorificenze militari di guerra che sono riprodotte sulla copertina del disco “The Final Cut”. A completare la sezione, un manoscritto di Waters con il testo di “The Post War Dream” con una differenza nelle ultime parole (“Maggie what have you done”) e una caricatura all’allora primo ministro britannico Margareth Thatcher.
Dall’altra parte del muro, di fronte alla sezione di “The Final Cut” c’è un manichino con la giacca di pelle ed il megafono utilizzati da Roger Waters durante l’esecuzione di “In The Flesh” nel tour 2010-2013 e poco distante, uno squarcio nel muro rivela uno schermo gigante sul quale sono proiettate le immagini inedite di “The Happiest Days Of Our Lives” eseguita nei concerti di The Wall dei Pink Floyd (1980-1981). A fianco è stato ricreata la porzione di muro nella quale durante i concerti dal vivo Waters cantava “Nobody Home”; c’è un manichino seduto su una poltroncina, il televisore acceso, la piantana della luce e sullo sfondo la finestra che si affaccia sull’insegna dell’Hotel Tropicana. In mostra anche un disegno preparatorio del progetto di The Wall al Madison Square Garden di New York datato giugno 1979 e una proposta a matita per l’esecuzione di The Wall al Nassau Coliseum di New York dell’agosto 1979, entrambi disegnati da Mark Fisher.
Un cambio di sala, pochi passi di interruzione e ci si ritrova in un altro periodo dei Pink Floyd, quello senza Roger Waters e guidato da David Gilmour. Si dice che sia stato Waters a volere una specie di distacco dal ‘suo’ periodo e non è difficile credere sia andata veramente così. Appena entrati in questa stanza in un espositore, al centro e in successione, i fogli con i testi delle canzoni di “A Momentary Lapse Of Reason”. Non si tratta dei manoscritti come quelli visti nelle sezioni precedenti della mostra ma fogli stampati dal computer sui quali ci sono delle correzioni a matita colorata. Sui muri alcuni poster, memorabilia varia relativa al tour e una serie di diapositive con le varie versioni scattate per la foto di copertina con i letti sulla spiaggia realizzata da Storm Thorgerson. In fondo alla stanza, una riproduzione in piccolo dello schermo circolare utilizzato nei loro concerti, dove sono proiettati alcuni video dell’epoca. Davanti allo schermo è posizionato un letto come quelli usati per la copertina di “Momentary”, su cui sono seduti uno di spalle all’altro due manichini con l’abito di lampadine che riprendono l’immagine del doppio album live del 1988, “Delicate Sound Of Thunder”. Sui muri laterali diversi poster di quel tour, compresi quelli a Mosca del 1989, quello italiano del 1988 e due del concerto di Venezia del 1989. Ci sono anche le foto dell’uomo vestito di lampadine realizzate nelle città di Pisa e Siena per pubblicizzare il tour italiano del 1989. C’è anche la reissue del 1983 della chitarra rossa Fender Stratocaster Vintage del 1957, utilizzata da Gilmour nei tour dei Pink Floyd del 1987-1994 fino al 2005, così come la Fender Telecaster 52V 1952 reissue che veniva utilizzata nel bis di Run Like Hell nel 1987-1989.
La grande sala successiva è dedicata all’album “The Division Bell” e contiene le due enormi sculture in metallo create da Aden Hynes e John Robertson utilizzate per la copertina del disco. Ci sono anche diverse foto con le “statue” di materiale differenze che furono usate nel 1994 per le edizioni in vinile, cassetta e minidisc e gli schizzi preparatori della copertina. In alto è posizionata anche una miniatura del famoso dirigibile Fish disegnato da Storm Thorgerson, Peter Curzon e Stuart Hamsley creato per fini promozionali. Sulla sinistra delle statue si fa notare la grande riproduzione della grafica con i disegni rosso e verde del cd, che si illuminano e si fondono tra loro in un interessante gioco visivo. Subito in basso a questa installazione lo ‘storico’ mixer utilizzato dalla band durante tutto il tour del 1994.
Al centro della sala una riproduzione in 3D del palco utilizzato dalla band nel tour del 1994 e una serie di disegni e quattro foto dei test realizzati sulla struttura portante del palco nel 1993. Posizionati sul muro i tre “petali” della palla a specchi che veniva utilizzata durante l’assolo finale di “Comfortably Numb”. In sala anche un’altro oggetto di dimensioni ragguardevoli, i due occhi sovrapposti con al posto dell’iride il disegno realizzato da Storm Thorgerson per la copertina del doppio album dal vivo “Pulse”. Questa scultura fu utilizzata durante la preview per la stampa del dvd “Pulse” dei Pink Floyd nel 2005, sono appena visibili le firme di Mason, Gilmour e Wright presenti quel giorno a Londra.
La parte finale della mostra è riservato ad una piccola sezione per l’album “The Endless River”; una delle ultime foto della mostra riprende Richard Wright sulla sua barca Evrika in uno scatto finora inedito risalente agli ultimi anni della sua vita. Il 15 settembre 2008 insieme a lui è sparita anche la possibilità di rivedere insieme i Pink Floyd…
Il congedo dalla mostra è fortemente emozionale. Si entra in una stanza quadrata circondata da pannelli video disposti per tutto il perimetro dei muri, intorno ai quali sono stati posizioni ben 25 diffusori della Sennheiser. Sui pannelli vengono mostrate alcune foto riepilogative della mostra, mentre in alto si intrecciano le luci dei laser in un continuo gioco di intrecci. In loop senza sosta viene dunque proiettata una versione multicamera di “Comfortably Numb” del Live8, con diversi inserti grafici. L’intento è quello di far sentire lo spettatore partecipe dell’esibizione, come se una macchina del tempo fosse riuscita a riportarci ad Hyde Park quel fatidico 2 luglio 2005. Le emozioni sono indescrivibili, immagini storiche e suono pulito e potente come non mai ti entrano nelle ossa e puoi soltanto ruotare su te stesso, provando a captare tutte le emozioni possibili. All’assolo finale il suono prende corpo e magicamente i Pink Floyd tornano a suonare con la stessa intensità e magia degli anni Settanta. Eccolo quel suono, eccole quelle emozioni e le lacrime cominciano a danzare sul tuo viso. Queste sensazioni continuano a vibrarti dentro nei minuti successivi, quando lascerai la mostra e camminerai tra le statue e i quadri storici del museo per tornare a casa. Arte classica e la musica contemporanea, così lontane in apparenza, sono riuscite magicamente a coesistere all’interno del V&A Museum e si ha la sensazione che questa sera anche le opere d’arte hanno potuto apprezzare e rivivere grazie a questa musica senza tempo.
Grazie di tutto, Pink Floyd.