Tony Levin ricorda le session con i Pink Floyd

Sul sito Vulture.com è stata pubblicata ieri (30 dicembre) una intervista con il bassista Tony Levin condotta da Devon Ivie. Lo ha comunicato oggi l’artista con un post sui suoi canali social.

Tony Levin racconta la sua esperienza con i Pink Floyd risalente al 1987, quando partecipò alle session di registrazione dell’album “A Momentary Lapse Of Reason”:
«David Gilmour mi chiese di suonare il basso nell’album dopo che Roger Waters aveva notoriamente lasciato il gruppo, pensando che fosse la loro fine. Non facevo parte di nessuno degli intrighi della band ed ero entusiasta di entrare nel mondo del tentativo di suonare in modo appropriato per un contesto Pink Floyd, ma anche di essere in qualche modo me stesso. Ho tirato fuori il Chapman Stick, uno strumento che posso suonare come basso. Non è lo strumento più comune, ma lo uso come uno dei miei bassi abituali. Ho trovato David un ragazzo affascinante e un vero gentiluomo, una persona meravigliosa con cui stare.
Quelle sessioni non erano esattamente difficili, ma lo stile dei Pink Floyd è molto particolare. Ricordo un caso in cui avevo un lungo vamp out e ho suonato qualche nota in più. Non sto parlando di un riff di basso veloce, ma solo di un paio di note. Dopo la ripresa, quando ci siamo riuniti per ascoltare, David ha sorriso e ha detto: “Tony, nei Pink Floyd non fai quel paio di note in più fino a molto dopo”. Avevo avuto l’idea giusta, ma l’avevo fatta troppo in fretta. Stava silenziosamente dicendo: “Tu non lo sai, ma il resto di noi sì”. La musica andò bene. Ma ecco il bello: a una settimana o poco più dalla sessione, si parlò della possibilità di fare un tour con loro. Ma il tour sarebbe iniziato un po’ prima della fine di un tour di Peter Gabriel in cui ero già coinvolto. Così mi sono trovato di fronte a un enigma che non molti hanno avuto: Vuoi andare in tour con i Pink Floyd per un anno e forse per sempre? Ma questo avrebbe comportato la perdita delle ultime settimane di un tour con Peter in cui ero già impegnato. È stata una di quelle decisioni importanti per la mia carriera, forse la più importante, quella di stare con Peter. Non me ne sono mai pentito, ma sono sicuro che il mio percorso professionale sarebbe stato diverso se avessi trascorso l’anno e mezzo successivo con i Pink Floyd».

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