Radio France celebra David Gilmour e Syd Barrett

L’emittente radiofonica francese Radio France ha trasmesso uno speciale all’interno del programma “Very Good Trip” del giornalista Michka Assayas, che include una lunga intervista con David Gilmour ma anche uno speciale dedicato a Syd Barrett.
Michka Assayas è infatti noto tra gli appassionati dei Pink Floyd per uno scoop, realizzato nel 1982 insieme a Thomas Johnson per la rivista francese Actuel, grazie al quale riuscirono a rintracciare Syd Barrett fuori dall’abitazione di sua madre a Cambridge, intervistandolo e scattando anche alcune foto con lui.
La puntata dedicata a Barrett è invece andata in onda il 14 ottobre ed è disponibile tramite il seguente link:
Syd Barrett Radio France 14 ottobre 2025

Le due puntate dedicate a Gilmour sono andate in onda il 15 e il 16 ottobre e sono disponibili per l’ascolto online tramite i seguenti link:
David Gilmour Radio France 15 ottobre 2025
David Gilmour Radio France 16 ottobre 2025

Per ogni trasmissione, il sito Radio France ha inserito una descrizione accurata del contenuto, tradotta integralmente di seguito:

14 ottobre – Elogio a Syd Barrett, il genio perduto dei Pink Floyd
Questa sera, Michka Assayas rende omaggio a un musicista, un poeta di un’altra epoca, che ha lasciato una delle tracce più luminose nella storia del rock — in senso ampio.
Una stella cadente che continua ad affascinare.

“See Emily Play”, una canzone firmata dal giovane gruppo londinese Pink Floyd nel maggio 1967, pubblicata su 45 giri tre mesi prima dell’uscita del loro primo album.
È come un incontro tra la corrente psichedelica nata sulla costa Ovest degli Stati Uniti — si pensa soprattutto allo stile del gruppo Love, di Los Angeles — e una certa sperimentazione sonora verso la quale si stavano orientando i grandi gruppi britannici dell’epoca, Beatles e Rolling Stones in testa.
Un brano scritto e cantato da colui che, per circa due anni, tra la metà del 1965 e la metà del 1967, fu l’unico autore, compositore e interprete delle canzoni di quello che era il suo gruppo: i Pink Floyd.
Forse alcuni di voi hanno scoperto questa canzone, “See Emily Play”, grazie alla cover di David Bowie presente nel suo album Pin-Ups, del 1973.
David Bowie che, come tanti altri, era affascinato dal talento — alcuni hanno parlato addirittura di genio — di Syd Barrett.
Perché torno a pensare a lui, ancora una volta, stasera?
Perché ne ho parlato proprio un mese fa con qualcuno che lo ha conosciuto bene, anzi, molto da vicino: David Gilmour, suo amico d’infanzia, colui che venne chiamato ad affiancarlo nel gruppo alla fine del 1967, per poi prenderne definitivamente il posto.
Perché, come è noto, Syd Barrett mostrò segni di fragilità mentale già molto presto — non aveva ancora 22 anni — che andarono solo peggiorando negli anni successivi, senza possibilità di ritorno.
Sì, grazie a France Inter, ho avuto la fortuna di parlare per una buona mezz’ora con David Gilmour, che non avevo mai avuto l’occasione di incontrare prima.
È stato in occasione dell’uscita imminente di un film, che sarà proiettato in alcuni cinema, e di un disco live: un montaggio di una serie di concerti all’aperto che lui e il suo eccellente gruppo hanno tenuto un anno fa, nell’autunno 2024, tra i resti del Circo Massimo, un teatro antico nel cuore di Roma.
Potrete ascoltare l’intervista a David Gilmour, e naturalmente alcuni estratti da queste registrazioni, nelle due puntate di domani e dopodomani, mercoledì 15 e giovedì 16 ottobre.
Tutto ciò mi ha dato voglia di immergermi di nuovo nell’opera di Syd Barrett: così breve eppure così profondamente segnante.
Il genio perduto dei Pink Floyd.
Come ha scritto Joe Boyd, il primo professionista dell’industria musicale ad arrivare a Londra nel 1967, nel suo affascinante libro White Bicycles (tradotto e pubblicato da Allia): “Syd è probabilmente la figura più famosa dei Pink Floyd, ma solo una piccolissima parte dei milioni di persone che hanno comprato dischi dei Pink Floyd ha mai ascoltato le sue canzoni.”
Ed è vero.
Per questo non si deve perdere nessuna occasione per far conoscere — e, spero, far amare — le sue canzoni, dalla originalità indefinibile.
Come si dice spesso: molto imitato, ma mai eguagliato.
Ecco una canzone che mette bene in luce il suo approccio particolare, molto legato allo stupore ingenuo dell’infanzia.
È contenuta nel primo album dei Pink Floyd, The Piper at the Gates of Dawn, uscito nell’estate del 1967.
“Matilda Mother” racconta una favola che una madre legge al proprio bambino:
“C’era una volta un re che regnava su una terra lontana, Sua Maestà governava…”
e ben presto tutto diventa poesia:
“Dai suoi occhi d’argento, l’aquila scarlatta faceva piovere monete d’argento sul popolo…
Oh madre, raccontami ancora,
perché mi lasci sospeso in quest’atmosfera infantile, in attesa…
Basta che tu mi legga quelle righe oscure e scarabocchiate,
e allora tutto si illumina.”
La canzone si chiama “Matilda Mother”.

Playlist dell’episodio
Pink Floyd

“See Emily Play – 2010 Remaster” – Album: An Introduction to Syd Barrett
“Matilda Mother – Alternative Version; 2010 Mix” – Album: An Introduction to Syd Barrett
“Jugband Blues – 2010 Mix” – Album: A Saucerful of Secrets

Syd Barrett
“Bob Dylan Blues – 2010 Remaster” – Album: An Introduction to Syd Barrett
“Here I Go” – Album: Crazy Diamond (The Complete Recordings)
“Octopus – 2010 Mix” – Album: An Introduction to Syd Barrett
“Long Gone” – Album: Crazy Diamond (The Complete Recordings)
“If It’s in You – 2010 Remaster” – Album: An Introduction to Syd Barrett
“Baby Lemonade – 2010 Remaster” – Album: An Introduction to Syd Barrett
“Love Song” – Album: Crazy Diamond (The Complete Recordings)
“Dominoes – 2010 Mix” – Album: An Introduction to Syd Barrett
“Rats” – Album: Opel
“Golden Hair – Vocal Version” – Album: Crazy Diamond (The Complete Recordings)

15 ottobre – Incontro con David Gilmour, 1ª parte
Michka Assayas è andato a incontrare il leggendario chitarrista inglese per un’intervista fiume.

“Breathe in the Air”… quanti studenti delle medie e delle superiori degli anni ’70 l’hanno ascoltata su vinile, nella loro cameretta, con quello che allora si chiamava un elettrofono – cosa rara – o su un mini registratore a cassette. I più fortunati lo ascoltavano su un impianto hi-fi nel salotto dei genitori. Tiravano le tende, si sdraiavano sul letto o sul divano, accendevano magari degli incensi, e si mettevano a sognare.
Ascoltavano l’album dei Pink Floyd, “The Dark Side of the Moon”, uscito nel 1973, che – con la sua copertina esoterica – era per molti un oggetto di culto, un talismano mistico alla portata di tutti, un vascello per viaggi interstellari. Uno degli album più venduti nella storia della musica registrata, e che – pare – continui a vendere ancora oggi, in formato vinile.
E allora, ritrovarsi faccia a faccia con David Gilmour, co-autore di quel classico, l’uomo da cui nasce quel suono di chitarra così particolare, proprio dei Pink Floyd, con quelle note tremolanti, liquide… beh, è molto impressionante.
Anche se, per essere onesto, lo snob fastidioso che ero già ai tempi del liceo aveva snobbato “The Dark Side of the Moon”. A 14 anni lo trovavo troppo commerciale, tra virgolette, e non abbastanza underground. Veneravo segretamente il genio maledetto dei Pink Floyd, il fondatore del gruppo, Syd Barrett, scomparso nel vortice della follia – almeno, così si pensava all’epoca.
Una fascinazione che non si è mai spenta. Proprio ieri sera, infatti, ho dedicato una puntata di Very Good Trip a Syd Barrett, disponibile ovviamente in podcast sull’app di Radio France. E, cosa che non mi aspettavo, ho potuto parlarne anche con David Gilmour.
E dunque, in quali circostanze l’ho incontrato?
Un mese fa, in una zona residenziale di Londra, non lontano da Wimbledon. Ho potuto intervistarlo in una sorta di piccolo studio costruito sulla riva del Tamigi, su un terreno in leggera pendenza, alla fine del quale è ormeggiata una leggendaria chiatta, l’Astoria. Una chiatta attrezzata come studio di registrazione, dove i Pink Floyd – ormai senza Roger Waters, che aveva lasciato il gruppo – hanno registrato due album: nel 1987, “A Momentary Lapse of Reason”, e qualche anno dopo “The Division Bell”.
Quel luogo – parlo dello studio in sé – è attualmente in ristrutturazione. Le sue dipendenze oggi sono usate come uffici da Gilmour e dal suo team.
La mia presenza, come quella di altri giornalisti, quel giorno aveva ovviamente un motivo promozionale – ce n’è sempre uno.
Dopodomani, venerdì, usciranno infatti sia un film, frutto della registrazione di sei concerti tenuti da Gilmour e dalla sua band lo scorso autunno al Circo Massimo di Roma, dal titolo semplicemente “David Gilmour Live at the Circus Maximus, Rome”, sia un album, colonna sonora del film, intitolato “The Luck and Strange Concerts”.
Il film sarà proiettato in formato IMAX in alcuni cinema a partire, appunto, da dopodomani. Non ho informazioni sulle proiezioni in Francia, ma immagino ce ne saranno: bisogna tenere d’occhio.
Io ho avuto la fortuna di vedere il film, in formato IMAX, in una grande sala a Londra, all’ICA (Institute of Contemporary Arts), circondato da fan e amici, in una sorta di anteprima alla presenza del maestro. Che, dopo la proiezione, ha risposto – in modo piuttosto laconico, va detto – alle domande di un giornalista amico e del pubblico. Si percepiva che non ama molto questo tipo di situazioni, e che era felice quando è finita.
Quando gli hanno chiesto a cosa pensasse mentre si lancia in uno dei suoi leggendari assoli di chitarra, ha risposto: “A non fare casino”. A un fan che gli ha chiesto che tipo di corde usa, ha risposto: “Non lo so, chiedete al mio assistente”.
Non sapevo quindi bene cosa aspettarmi.
Quando è arrivato il mio turno, ho trovato un David Gilmour piuttosto elegante, in giacca nera e t-shirt, assolutamente cordiale e rilassato, e un po’ più loquace di quanto immaginassi. Una bella sorpresa, insomma.
Ho voluto prima di tutto trasmettergli la mia impressione sul film:
“Trovo che ci sia un bellissimo equilibrio tra la maestosità della sua musica e un certo aspetto intimo, personale. La si vede sorridere, si colgono momenti di complicità tra lei e i suoi musicisti. È come se fossimo invitati in famiglia.”
Allora, forse la domanda le sembrerà strana: lei pensa che ci sia un legame tra questo film e le immagini molto intime che ha condiviso online durante i lockdown del 2020? La si vedeva con la famiglia, chitarra folk in mano, in un fienile ristrutturato, circondato dai suoi cari, mentre cantava canzoni sue o di altri autori come Cat Stevens o Leonard Cohen.
Aveva chiamato quei video le Von Trapped Sessions, un gioco di parole tra “trapped” (intrappolati) e il cognome Trapp o Von Trapp, la famosa famiglia corale austriaca resa celebre dal musical “The Sound of Music” (“La melodia del cuore”).

Playlist della puntata:
Pink Floyd – “Breathe (In the Air) – 2023 Remaster” – album The Dark Side of the Moon
David Gilmour – “Between Two Points – Live from the Luck and Strange Concerts”
David Gilmour – “Luck and Strange – Live from the Luck and Strange Concerts”
David Gilmour – “Sorrow – Live from the Luck and Strange Concerts”
David & Romany Gilmour (The Von Trapped Series) – “Yes, I Have Ghosts”
David & Romany Gilmour (The Von Trapped Series) – “If It Be Your Will”

16 ottobre – Incontro con David Gilmour, 2ª parte
Seconda parte dell’intervista che l’ex chitarrista dei Pink Floyd ha concesso a Michka Assayas per Very Good Trip.
«Da lontano, attraverso i campi, il suono della campana di bronzo chiama i fedeli a inginocchiarsi per ascoltare le dolci incantazioni magiche» — è il ritorno del tema della canzone “Breathe” in “Time”, uno dei brani più celebri di uno degli album più iconici della storia del rock: The Dark Side of the Moon, uscito nel 1973 e che, come vi dicevo, continua ancora oggi a vendere copie nel suo formato originale: il vinile, naturalmente.
Come vi raccontavo ieri, ho avuto la fortuna di parlare per una buona mezz’ora con colui che, insieme ai suoi compagni Roger Waters, Richard Wright e Nick Mason, è stato l’artefice di quell’album.
Un disco che, come una navicella spaziale, ha attraversato il tempo per oltre cinquant’anni.
David Gilmour, chitarrista — e che chitarrista! — inventore di uno stile immediatamente riconoscibile, fatto di scivolamenti e vibrazioni, come liquido, e voce di molti dei brani più famosi dei Pink Floyd.
Come dicevo, l’ho incontrato per France Inter circa un mese fa, per un’intervista di una trentina di minuti. Abbiamo trasmesso la prima parte ieri, e naturalmente è ancora disponibile in podcast sull’applicazione di Radio France.
Come già accennato, a partire da domani uscirà un film, David Gilmour Live at the Circus Maximus, Rome
che — come suggerisce il titolo — raccoglie brani eseguiti durante una serie di concerti tenuti nell’estate del 2024 da Gilmour e dal suo gruppo, tra le rovine di un teatro antico.
Sarà proiettato in versione IMAX in alcuni cinema.
È un’esperienza di immersione sensoriale ben riuscita, e la presenza di Gilmour — che ha inserito nella sua band la figlia Romany, arpista e cantante (ne parlavamo ieri) — aggiunge un tocco di calore.
Il legame che unisce Gilmour ai suoi musicisti appare quasi familiare; lo evidenzia bene il regista del documentario, Gavin Elder, ed è un aspetto piuttosto commovente.
Parallelamente, è disponibile la colonna sonora del film: 23 brani, una sorta di concerto ideale di David Gilmour e del suo gruppo, in streaming e anche in un cofanetto di 4 vinili, pensato per i fan, con il titolo The Luck and Strange Concerts.
Vi ho parlato anche del luogo dove ho incontrato Gilmour: un piccolo atelier situato su un terreno che costeggia il Tamise (Tamigi), a sud-ovest di Londra, dove è ormeggiata una leggendaria chiatta, l’Astoria.
All’interno, Gilmour e il suo team hanno allestito uno studio di registrazione. Attualmente è in ristrutturazione, ma ho comunque potuto visitare i locali.
Colpisce l’esiguità dello spazio dedicato alla registrazione: se ci metti una batteria, occupa già più della metà della stanza — soprattutto considerando la musica, spesso grandiosa e solenne, che i Pink Floyd sono riusciti a creare lì, dopo la turbolenta separazione da Roger Waters a metà degli anni ’80.

La storia del luogo è interessante. Circa quarant’anni fa, Gilmour passò lì in macchina. Fu colpito dal fascino del posto — un terreno in dolce pendenza, parzialmente nascosto alla vista, sul bordo del fiume — e decise di acquistarlo tutto. Nel pacchetto era inclusa una grande chiatta: l’Astoria. In passato, l’intero complesso era appartenuto a un certo Fred Karno, impresario di Charlie Chaplin e Laurel & Hardy.
Pare che lì organizzasse feste sontuose: un’orchestra di quasi 100 musicisti poteva suonare sul ponte della chiatta, e c’era persino un casino a bordo.
Gilmour e il suo team vi hanno registrato e mixato diversi album dei Pink Floyd, con la supervisione del leggendario produttore canadese Bob Ezrin, e anche alcuni album solisti di Gilmour.
Mi hanno raccontato che negli anni ’80 alcuni fan ossessionati dei Pink Floyd si avvicinavano in barca per cercare di captare qualcosa. E che alcuni, verso la fine di quel decennio, tentarono persino di “hackerare” i suoni usando un misterioso sistema subacqueo. Un’altra epoca.
Oggi, Gilmour e il suo staff utilizzano i bungalow costruiti sul terreno adiacente come uffici o appartamenti temporanei.
Nella prima parte dell’intervista, ieri, Gilmour ha parlato della presenza della figlia Romany nel gruppo, come arpista e corista, e anche delle sorelle Webb, eccellenti coriste e multi-strumentiste, già al fianco di Leonard Cohen.
Abbiamo anche parlato di Cohen, le cui canzoni Gilmour ha reinterpretato, di Brian Wilson, e naturalmente del suo amico d’infanzia Syd Barrett, il fondatore dei Pink Floyd.
Mi restava da fargli alcune domande più personali, in un’atmosfera molto rilassata, nel suo piccolo ufficio-atelier illuminato da un generoso sole autunnale.

Playlist della puntata:
Pink Floyd – “Time” (2023 Remaster) – Album The Dark Side of the Moon
David Gilmour – “Fat Old Sun” (Live at Pompeii 2016) – Album Live at Pompeii
Pink Floyd – “Echoes” (Edit) – Album Echoes – The Best of Pink Floyd
Pink Floyd – “Comfortably Numb” – Album Delicate Sound of Thunder – Live
David Gilmour – “Wish You Were Here” (Live from the Luck and Strange Concerts)






Nino Gatti