Paris Match intervista David Gilmour

Nell’ultimo numero del settimanale francese Paris Match, pubblicato il 16 ottobre 2025, è stata proposta un’intervista esclusiva a David Gilmour, distribuita su due pagine (è contenuta nelle prime venti pagine della rivista, a testimonianza dell’importanza dell’articolo).
L’intervista, realizzata dal giornalista Benjamin Locoge, offre un’ampia panoramica sulla vita e sulla carriera del leggendario chitarrista, soffermandosi non solo sulla recente uscita del suo album live, ma anche su aneddoti personali e riflessioni intime.

Tra i vari temi trattati, spicca un curioso passaggio in cui Gilmour ricorda il periodo trascorso in Francia negli anni ’60 e smentisce, con tono ironico e affettuoso, le voci su una sua presunta relazione con Brigitte Bardot, rivelando invece di avere avuto rapporti di amicizia con la sorella dell’attrice, Mijanou Bardot (nella foto a sinistra, le due sorelle Bardot).

La traduzione dell’articolo:

«DAVID GILMOUR VERSIONE PUBBLICA
In occasione dell’uscita di un album dal vivo, il chitarrista racconta il suo ritrovato entusiasmo, il suo rapporto con i Pink Floyd e persino con Brigitte Bardot.

Dici che il gruppo che ti accompagna attualmente è il migliore che tu abbia mai avuto. Davvero?
Sì. Con questi nuovi musicisti, ho la sensazione di far parte di una squadra che condivide lo stesso entusiasmo per il progetto che volevo portare avanti. E la presenza di mia figlia Romany sul palco ha irradiato energia su tutto il gruppo. Mi sono sentito più a mio agio, questo tour mi è sembrato più caloroso rispetto a tutti quelli fatti in passato. Con i Pink Floyd o da solista, c’erano ambizioni, una ricerca di successo e perfezione che rendevano l’atmosfera molto diversa.

Ti definiresti un perfezionista?
Molto meno di prima. Ho dato più libertà ai musicisti, per esempio. Spesso ho cercato di riprodurre le canzoni esattamente come erano nei dischi. Stavolta, ho accettato che si cimentassero con brani “intoccabili”. Credo anche che rifare “Breathe” o “Time” in modo identico mi interessi meno. Ho accettato di lasciare un po’ di spazio a quei pezzi che tutti conoscono. Probabilmente, la maggior parte del pubblico non se ne è nemmeno accorta. L’atteggiamento generale è più rilassato, nessuno mi vede come un tiranno o una leggenda. Anche se, in effetti, lo sono, no? [Sorride.]

Sei un chitarrista migliore oggi?
Non lo so. Ma sono ancora ispirato, e alcuni di questi nuovi pezzi mi hanno permesso di creare degli assoli magnifici.

Hai messo da parte brani iconici come “Money”, “Another Brick in the Wall, Part 2” o “Us and Them”. Per stanchezza?
Non voglio sembrare il musicista arrogante che fa solo di testa sua — so che il pubblico ha delle aspettative — ma sì, mi sono stancato di certi pezzi dei Pink Floyd, li ho suonati abbastanza. Volevo anche dare spazio a brani degli anni ’80 e ’90, come “Sorrow” o “High Hopes”, che sono all’altezza di tutto il repertorio dei Pink Floyd. Così come “Scattered”, che è recente ma per me è già un classico…

È un brano che parla del tempo che passa. L’anno prossimo compirai 80 anni, ti spaventa?
No. Non posso farci nulla, quindi sarebbe inutile lamentarsene. Sappiamo tutti che finirà, prima o poi…

Stai lavorando a un nuovo disco?
Sì. Volevo farlo uscire prima degli 80 anni, ma non ci riuscirò, perché nessun brano è finito. Fa parte delle mie priorità, ma allo stesso tempo sto seguendo i lavori della mia nuova casa a Londra, dove ogni giorno devo risolvere questo o quel problema… Ma ho accumulato molto materiale e ci tornerò sopra appena possibile. E ho anche voglia di scrivere di nuovo i testi personalmente.

Una leggenda dice che, quando vivevi in Francia negli anni ’60, avresti avuto una relazione con Brigitte Bardot. È vero?
Purtroppo no, è pura finzione. Conoscevo bene sua sorella, Mijanou, e Patrick, suo marito. BB l’ho incrociata una volta a Saint-Tropez, quando stava con quel ragazzo svizzero, nell’estate del 1966. Amavo molto la Francia, ci sono rimasto un anno. Con due amici abbiamo persino suonato per un mese in un club a Étretat, il proprietario ci aveva prestato la sua casa.

I tuoi genitori ti avevano incoraggiato a partire?
I miei fratelli e mia sorella erano tutti passati per l’università. E i miei genitori avrebbero voluto che seguissi lo stesso percorso. Ma sentivo che non ce l’avrei fatta. Perché più di ogni altra cosa volevo diventare un musicista. L’hanno capito. E in effetti sono diventato abbastanza conosciuto in fretta, e hanno sempre mostrato entusiasmo per quello che facevo. Per esempio, quando partii per la Francia, avevo una chitarra Hofner Club 60. Ma sognavo una Fender, che non potevo permettermi. Nel marzo 1967, i miei genitori andarono a New York, me ne comprarono una e me la spedirono in Francia. Fu un gesto molto importante da parte loro. Purtroppo fu rubata già durante il primo tour dei Pink Floyd, nel 1968 negli Stati Uniti, e non l’ho mai più ritrovata.

Oggi, quali chitarristi ammiri?
Sempre Joni Mitchell, per il suo modo di accordare e suonare. Jeff Beck, ovviamente, è stato una vera influenza per me. Ma ce ne sono stati tanti altri… Per esempio, ci sono alcune cose di Eddie Van Halen che ammiro moltissimo. Anche se non lo ascolto tutti i giorni. Ho finito per accettare che il mio senso melodico è diverso da quello di tutti gli altri. Nessun altro suona come me. E ogni giorno ringrazio il Signore per questo.»

Nino Gatti