Sull’edizione odierna del quotidiano inglese The Guardian è stato pubblicato un articolo, firmato da Lanre Bakare, intitolato “Simon, diamante folle: il poeta laureato dedica un’ode ai Pink Floyd”.
L’articolo, che occupa quasi l’intera pagina cinque del quotidiano ed è corredato da una foto dal vivo dei Pink Floyd del 1977, racconta di Simon Armitage, scrittore, poeta, saggista e drammaturgo britannico di 62 anni, che è stato contattato dai Pink Floyd per comporre un poema in occasione del 50º anniversario dell’album Wish You Were Here.
Il componimento, intitolato Dear Pink Floyd, viene descritto dallo stesso Armitage in un’intervista al Guardian, nella quale rivela diversi dettagli e curiosità sul progetto.
«Fu deriso da alcuni critici come autoindulgente e “pieno di trovate” quando uscì nel 1975, ma da allora è stato consacrato come un capolavoro assoluto e ha ispirato mostre e persino francobolli.
Ora, per celebrare il 50º anniversario dell’album Wish You Were Here dei Pink Floyd, il poeta laureato Simon Armitage ha scritto un poema epico sul disco, sulla band e sul loro impatto “profondo” su di lui, intitolato Dear Pink Floyd.
«Puoi sentire questo disco avvicinarsi da lontano. Sembra che qualcosa di enorme e importante stia per arrivare e avvolgerti», ha raccontato al Guardian. «È incredibile pensare che abbia già mezzo secolo.»
Il poeta, grande fan dei Floyd, è stato contattato dal gruppo per scrivere un nuovo testo dedicato all’album, e ha prodotto un componimento esteso, privo di punteggiatura, che sembra un incrocio tra una lettera di un fan e il delirio di un devoto religioso.
Armitage, che aveva 12 anni quando il disco uscì, lo descrive come «un tesoro in una capsula del tempo, un messaggio in bottiglia legato a una ciambella di salvataggio lanciata da una nave fantasma», immaginando la band mentre suona nei Giardini Pensili di Babilonia o nella Fossa delle Marianne.
«È stata un’occasione per fare qualcosa di un po’ diverso», ha detto. «Ho pensato che potesse portarmi in una direzione nuova. E mi sentivo in sintonia con il disco, con la sua atmosfera e con l’anniversario.»
L’album seguiva il percorso di rock progressivo e sperimentazione inaugurato da The Dark Side of the Moon. Contiene solo cinque brani, con le tre canzoni centrali – Welcome to the Machine, Have a Cigar e la title track – racchiuse tra le due parti dell’epico omaggio al membro fondatore Syd Barrett, Shine on You Crazy Diamond.
La risposta iniziale della critica fu mista. Rolling Stone criticò i lunghi assoli di Gilmour: il giornalista Ben Edmunds lo accusò di essere «solo un altro chitarrista competente che pensa con le dita invece che con la testa».
Ma Wish You Were Here fu un successo immediato, arrivando al numero 1 delle classifiche, mentre i bootleg di una versione live dell’album vendettero, secondo quanto riportato, 25.000 copie.
Col tempo è diventato un classico acclamato: la rivista online Pitchfork gli ha assegnato un punteggio perfetto di 10, dichiarando che «segnò una nuova svolta creativa per una rock band negli anni ’70».
Armitage racconta che, crescendo nel West Yorkshire durante l’epoca punk, i Pink Floyd erano una passione da coltivare in segreto, e la reputazione dell’album come “disco da cuffie” – ideale per ascolti solitari in camera – lo rendeva più facile.
«Ho iniziato ad ascoltarlo quando non era proprio consentito farlo», ha detto. «Forse indossavo i miei Doc Martens e una maglietta dei Buzzcocks, ma in privato ascoltavo anche questo.»
Anche se gran parte del poema è frutto di fantasia, contiene alcuni spunti reali, tra cui il racconto di aver visto persone indossare abbigliamento dei Pink Floyd in una capanna di soccorso artica e nelle profondità dell’Amazzonia.
«Ci sono molte cose inventate, ma quella è assolutamente vera», ha spiegato. «Ho realizzato dei programmi radiofonici molto, molto in alto sul Rio delle Amazzoni, con alcuni indigeni Caboclo. Uno di loro aveva una felpa dei Pink Floyd e un altro una maglietta di Paul Smith.»
Il 50º anniversario di quello che è probabilmente il capolavoro del gruppo li riporterà sotto i riflettori – anche se nel 2025 erano già tornati in classifica.
Una versione remixata della musica del film-concerto del 1972, Live at Pompeii, è infatti arrivata in vetta alle classifiche quest’anno, diventando il loro settimo album numero uno.»


