Sul sito ufficiale di Virgin Radio è stato pubblicato oggi (3 giugno) un articolo che ripercorre l’intervista rilasciata da David Gilmour, all’interno del suo primo dei tre podcast previsti in questi giorni.
Ecco il testo completo tratto dal sito di Virgin Radio:
“PINK FLOYD, DAVID GILMOUR: “QUANDO ERO RAGAZZO POTEVO SOLO SOGNARE UNA STRATOCASTER PERCHÉ NON POTEVO PERMETTERMELA”Il chitarrista della leggendaria band racconta alcuni particolari del suo rapporto con le chitarre
Oggi è uno dei chitarristi più famosi del mondo, ma in passato è stato anche lui un ragazzo che desiderava possedere e poter suonare la chitarra dei suoi sogni. Stiamo parlando di David Gilmour che, in un nuovo video sul suo canale podcast, ha raccontato alcuni particolari della sua storia e del suo personale rapporto con le chitarre, oltre che alcune sue esperienze nei negozi di strumenti musicali.
Oggi Gilmour possiede tantissime chitarre ma non è stato sempre così: “Sì, sono stato anche io in parte una di quelle persone che entrano nei negozi a guardare i vari strumenti senza comprarne nessuno – ha raccontato – a Cambridge, quando ero un adolescente e non potevo in alcun modo acquistare una Fender, c’era un negozio di musica chiamato Ken Stevens e io ero solito trascorrere molto tempo lì dentro. Era un negozio molto piccolo, era grande solo la metà di un normale negozio – ha continuato – e per anni lì dentro è stata appesa una Stratocaster. Noi ragazzi a volte abbiamo cercato di convincere il commesso del negozio a farcela suonare o almeno toccare. Non ho mai potuto permettermela”.
Qualche anno dopo, invece, nel 1970 per l’esattezza, David è riuscito a realizzare il suo sogno comprando la leggendaria Fender Black Strat nel famoso negozio di strumenti musicali di New York, Manny’s Music: “Questo negozio è davvero fantastico – ha raccontato – il proprietario si chiamava Henry (Goldrich). Era davvero una brava persona, gentile e amichevole, spesso ci radunavamo nel retrobottega a scovare chitarre, nella maggior parte dei casi modelli nuovi”.
Ed è nel sesto disco dei Pink Floyd pubblicato nel 1971, Meddle, che David ha usato per la prima volta la sua preziosa chitarra: “Sì, direi che il primo materiale creato con la Black Strat è finito in quell’album – ha spiegato – è in quel periodo che è diventata la mia chitarra principale, quella che usavo praticamente per ogni cosa, a meno che non ci fosse una particolare esigenza di creare un sound diverso. La Black Strat è in Meddle, così come in The Dark Side of the Moon, in Comfortably Numb…”.
Oggi David non può più suonare questa storica chitarra perché, com’è noto, è stata messa all’asta insieme a tantissimi altri strumenti della sua collezione. Ma lui non si pente di averlo fatto: “Sono contento della mia scelta – ha dichiarato – c’è un perfetto equilibrio tra l’affetto che provo per quella chitarra, ciò che sono riuscito a creare suonandola e il fatto che sia semplicemente uno strumento del mestiere che può essere sostituito. Qualsiasi cosa può essere sostituita, così come chiunque può essere rimpiazzato”.
Di certo, anche se ne ha messe all’asta molte, il musicista ne comprerà altre ma ora è difficile che ciò accada come un tempo. Una volta anche Gilmour era solito provare una chitarra prima di comprarla, ma oggi le cose sono cambiate anche in questo ambito: “Non entro in un negozio di chitarre da un bel po’ di tempo – ha spiegato – non funziona più così. Adesso il mio staff parla con il loro staff, le chitarre mi arrivano, le provo e poi vengono messe nelle custodie. Però in Inghilterra ci sono posti nei quali hanno davvero tanti vecchi modelli di chitarre fantastiche che si possono visionare e provare prima dell’acquisto”.
“Che strani vecchi oggetti, le chitarre. Sono bellissime. Suonando una chitarra si può creare una strana magia ma, alla fine – ha ribadito – non sono altro che strumenti del mestiere”. Non è, dunque, tanto la chitarra in sé per sé a essere importante secondo Gilmour, bensì quello che attraverso di essa può essere creato; nel suo caso, ad esempio, con l’iconica Stratocaster ha composto alcuni dei pezzi più belli della storia dei Pink Floyd e forse della musica in generale. Questo alla fine è ciò che conta e ciò che resta e resterà per sempre”
L’articolo è disponibile qui.