Disponibile da oggi in Inghilterra un numero speciale di 100 pagine della rivista Uncut, intitolato “Pink Floyd – A life in pictures” e pubblicato all’interno della serie “The Archive Collection”.
John Robinson, direttore della rivista, presenta così la rivista all’interno del sito di Uncut:
“Imposta i controlli per il nostro nuovo numero!
Oltre che di musica incredibile, i Pink Floyd si occupavano di immagini incredibili. Quando la band suonò il suo primo concerto ufficiale alla All Saints Hall di Londra nel 1966, lo fece accompagnata da un fenomeno nuovo quanto il loro stesso R&B in continua espansione: uno spettacolo di luci.
Con quell’evento inizia il rapporto tra suono e visione che vedrete dispiegarsi davanti a voi in questa nuova e sontuosa rivista. Accompagnato da testimonianze oculari – Nick Mason dei Floyd è uno dei protagonisti – Pink Floyd: A Life In Pictures segue la band nel suo improbabile viaggio da improvvisatori in camicia paisley a multimilionari in lotta tra loro, ognuno con la propria visione dell’eredità del gruppo.
Nel frattempo, sono stati popstar, compositori di film e committenti di grandi oggetti gonfiabili, e le immagini sono sempre state la chiave dell’esperienza dei Floyd. Quando nel 1968 il loro cantautore/frontman Syd Barrett non poté continuare a far parte del gruppo, fu necessario pensare urgentemente a un’emergenza creativa nella loro musica. Ma per tutte le allodole qui rappresentate, sarebbe sbagliato pensare che questo sia un gruppo mai completamente a suo agio sotto i riflettori.
All’inizio della loro carriera, pubblico e band erano immersi in una luce democratica e unificante. Con il passare del tempo, e con l’aumentare dell’importanza dei concetti contenuti nei loro dischi, la band fece di tutto per distogliere l’attenzione dalle camicie da nonno e dai cordoncini che costituivano l’abbigliamento scenico più stravagante del gruppo. Quello che inizia nel 1970 con un polipo gonfiabile è l’inizio di una ritirata nello spettacolo. La band non compare più sulle copertine dei dischi, sostituita dalla forte firma visiva dei suoi collaboratori di lunga data, gli Hipgnosis.
Sul palco, nel frattempo, il gruppo si è spinto senza sosta verso l’alto, costruendosi una casa (a volte scomoda) all’avanguardia della performance rock: con bande di ottoni, schermi speciali, filmati, elementi registrati, gonfiabili e, alla fine, un muro di 340 pezzi che rappresenta la crescente alienazione della band dal suo pubblico.
Nessuna band può però nascondere completamente la propria personalità dietro il palcoscenico, e anche questa è una storia che si può vedere raccontata qui, dall’abbandono di Roger Waters e il ritorno del gruppo riformato nel 1987, passando per il riavvicinamento della loro apparizione al Live 8 e il loro attuale stato di rapporti un po’ più gelidi. La storia, tuttavia, come l’esperienza ci ha dimostrato, non è ancora del tutto finita…