Il tastierista del BMS Vittorio Nocenzi ha pubblicato oggi (2 maggio) un post sul gruppo Facebook dedicato al settimanale musicale italiano Ciao 2001, raccontando il suo ricordo legato ad “Atom Heart Mother” dei Pink Floyd.
«IL MIO PRIMO ALBUM PROG
Era il 1972. Il Banco del Mutuo Soccorso suonava per 15 giorni al “Club Paradise” di Santa Eufemia, a Brescia.
Era forse il nostro primo contratto per un periodo così lungo, lontani da Roma.
La memoria che ho di quei giorni è particolare, soprattutto perché ancora ricordo viva la grande impressione che ci fecero i giovani bresciani di quel tempo: ragazzi “avanti”, aggiornati sulla musica europea dell’epoca, in sintonia con il nostro desiderio di novità e di conoscenza! Al “Paradise” vidi le prime luci “psichedeliche”, ottenute con gelatine particolari messe davanti ai fari elettrici: i colori si liquefacevano progressivamente, colando, letteralmente, mentre venivano proiettati sulle pareti del club.
E fu al “Paradise” che dei ragazzi mi fecero ascoltare per la prima volta “Atom heart Mother” dei Pink Floyd.
Fu una rivelazione, un’Epifania!
Era un unico brano suddiviso in sei parti, durante le quali il tema principale della suite ritornava più volte … Ai suoni sinfonici si aggiungevano quelli di un coro che alternava voci acute a voci basse, armonie consonanti ad armonie dodecafoniche! In alcuni momenti tornavano le atmosfere dei Pink Floyd psichedelici.
Sentivo finalmente i timbri della mia amata musica classica miscelati insieme a quelli elettrici di una rock band!!! La chitarra di Gilmour e gli ottoni sinfonici o l’organo Hammond ed il violoncello!!
Era successo che ai quattro Pink Floyd si era aggiunto un giovane musicista inglese, Ron Geesin, a cui venne affidato il compito di unificare i vari contributi che ciascun elemento della band aveva registrato, ognuno per proprio conto. Ma il risultato, ancora oggi, ascoltandolo, ti lascia a bocca aperta, per la libertà espressiva, per le invenzioni e le successive emozioni che queste suscitano in chi ascolta. Era, per me, un sogno che si realizzava!! Poi avrei sentito ancora cose apparentemente simili, ma vi garantisco che è tutta un’altra cosa ascoltare musica scritta fin dall’inizio per orchestra sinfonica e strumenti elettrici rock, concepiti tutti insieme come un unico organico, invece di un’orchestra sinfonica “accompagnata” da una batteria rock, con qualche inserimento di chitarra elettrica!!! Questo secondo caso è tutta un’altra storia, è una cosa molto più banale: cosa c’è di rivelazione nel far eseguire una partitura per orchestra da un ensamble di 40/50 persone che suonano archi e fiati sinfonici, e metterci contemporaneamente anche una batteria rock che accompagna in un placido 4/4 l’insieme orchestrale?
Pensate adesso invece cosa voglia dire per 50 anni fa, concepire un’unica partitura dove scrivi fin dall’inizio per un organico strumentale misto, dove ai violini fai rispondere dalla chitarra elettrica, gli ottoni li fai dialogare con i sintetizzatori, e così via!!! E’ un livello decisamente superiore, come ricerca timbrica e come esperimento compositivo!!!
Fu un’emozione indicibile. La chitarra elettrica di David Gilmour e i suoni di tre trombe, tre tromboni e tre corni francesi ed un basso a tuba: 10 strumenti a fiato che esponevano il tema principale di un brano che durava più di 23 minuti, occupando la prima intera facciata di un Long Playing!!
Era la prima “Minisuite” rock che ascoltavo nella mia vita…
E questo rispondeva alle aspettative di un’epoca dove si sentiva l’assoluto bisogno di sperimentare soluzioni nuove, prospettive di linguaggi più ricchi, più complessi, lontani dalla banalità del “deja vu” ! C’era il bisogno di intravvedere nuovi orizzonti, in cui la qualità cancellasse prevenzioni e pregiudizi, superasse l’ostilità verso le cose diverse dal solito! Si sentiva il bisogno di ascoltare e leggere storie nuove, che stimolassero la nostra fantasia e le nostre emozioni ! Noi eravamo convinti che tutto questo si poteva realizzare concretamente e si potesse poi condividere pacificamente! Quello e’ stato un momento di grandi speranze. Tutto finì poi negli anni di piombo da una parte, e nella attuale globalizzazione, voluta proprio per spegnere quelle diversità che invece sono la cosa più bella e preziosa della vita!
Vittorio Nocenzi».