Per comprendere appieno l’ultimo spettacolo allestito da Roger Waters e del suo impegno in prima fila nella difesa del popolo palestinese, è necessario soffermarsi su alcuni punti fondamentali.
Intanto da dove arriva lo slogan “Restiamo umani”? E chi è Vittorio Arrigoni, spesso citato da Waters durante i suoi live o nelle sue recenti interviste?
Vittorio Arrigoni è stato un giornalista e scrittore nato in Brianza nel 1975, pacifista e molto attivo politicamente: la sua lotta in difesa della popolazione palestinese non si fermò solo nelle sue parole. Nell’agosto 2008, per dar voce a quanto accadeva nelle zone di guerra, si trasferì a Gaza dove fu rapito e ucciso il 15 aprile 2011 da un gruppo terrorista.
Oltre ai vari canali YouTube e ai suoi blog, Arrigoni collaborava a Caterpillar su Radio2 e scriveva sul quotidiano Il Manifesto, per i quali curò nel 2009 il libro “Gaza. Restiamo umani”. Del libro esiste anche una versione su dvd, realizzata nel 2013 e intitolata “Restiamo umani – The reading movie”: i venti capitoli del libro vengono letti da alcune personalità tra cui Roger Waters, che presta il suo volto e la sua voce mentre legge il capitolo diciassette intitolato “The Living and the Dead”. Questo il video della porzione curata da Waters:
“Restiamo umani”, anche nella forma inglese “stay human”, veniva utilizzato per concludere gli articoli di Arrigoni. “Stay human” e Vittorio Arrigoni sono stati citati da Roger Waters durante i suoi concerti a Bologna e a Roma.
L’impegno politico di Roger Waters è radicato nella sua storia. Cresciuto in una famiglia dal forte credo comunista, da adolescente era molto attivo all’interno della sezione di Cambridge della CND (Campagna per il Disarmo Nucleare). Il sostegno di Roger Waters alla causa palestinese ha origini lontanissime. Precisamente dal 2002, quando fu costruita la barriera di separazione che separava Israele dalla Cisgiordania. Nel 2006, quando Waters suonò a Nevè-Shalom (Israele), si recò a visitare il muro, apponendo alcune grafiche come la scritta “Tear down the wall”, riprendendo il testo della traccia The Trial dall’album dei Pink Floyd “The Wall” del 1979.
Da tempo, affiancato da altre personalità famose, Waters ha sposato la causa del movimento internazionale Bds (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), che si impegna contro la politica di occupazione e apartheid di Israele. Famose le lettere aperte di Waters a tutti quei musicisti che hanno scelto di suonare in Israele, noncuranti della violenta oppressione nei confronti della popolazione palestinese. Waters ha definito quel muro “100 volte più raccapricciante del Muro di Berlino”. Il governo Netanyahu considera ormai Roger Waters un nemico soprattutto a causa del suo impegno all’interno del movimento Bds.
Per sostenere la Hoping Foundation, che supporta i bambini della Palestina, Roger Waters e David Gilmour sono saliti a sorpresa sullo stesso palco il 10 luglio 2010, a cinque anni dalla storica reunion dei Pink Floyd al Live 8. In questa occasione, alla Kiddington Hall nell’Oxfordshire, organizzata da Bella Freud e Jemima Khan, hanno eseguito un breve set, contribuendo a raccogliere dai duecento fortunati spettatori una cifra vicina ai 400mila euro. Qualche giorno prima, il 3 giugno 2010, Roger Waters aveva postato sul suo canale YouTube una cover della canzone We Shall Overcome, in protesta contro il blocco di Israele su Gaza, spiegando la sua scelta con un comunicato: “I Freedom Marchers volevano attirare pacificamente l’attenzione sulla situazione della popolazione palestinese di Gaza. Il governo egiziano, (finanziato per un importo di $ 2,1 miliardi all’anno, da noi, i contribuenti statunitensi), non permetterebbe ai manifestanti di avvicinarsi a Gaza. Mi sono commosso, date le circostanze, registrando una nuova versione di We Shall Overcome. Sembra appropriata.”
Tornando ai nuovi concerti del tour “Us + Them” di Roger Waters. Qualche minuto prima dell’inizio del concerto, sul maxi schermo alle spalle dei musicisti viene proiettato un filmato realizzato su una spiaggia che mostra una donna seduta di spalle in contemplazione del mare. C’è il rumore del mare, dei gabbiani e delle foglie che si muovono al vento. Ad un certo punto arriva il suono di una voce che canta. Molti si sono domandati che canzone fosse. Si tratta di “Takabar Takabar”, cantata da Omaima Khalil e suonata da Marcel Khalifa. Il testo della poesia della canzone si chiama “Ohebuka Akthar”, in inglese “I love you more” ed è scritta dallo scrittore e poeta palestinese Mahmoud Darwish, uno dei più grandi poeti della resistenza Palestinese.
Potete visionare qui il video della canzone:
Il testo completo di “I love you more”:
“Rise! Rise!
No matter how neglectful you are,
You will remain in my eyes and flesh an angel.
And you remain as our love wants you to be:
Your breeze is amber,
Your land bliss—
And I love you more.
Your hands are trees
But I do not sing
Like other nightingales.
The chains teach me to fight and fight,
Because I love you more.
My singing is daggers of roses,
My silence the birth of thunder,
And a lily of my own blood.
You are the soil and the sky
And your heart is evergreen.
Your love when at a low ebb is a flow;
How, then, can I not love you more?
And you are as our love wants you to be:
I am your beloved child;
On your sweet lap
I grow, and rise”.
Roger Waters aveva già musicato una poesia di Darwish nel suo album “Is This The Life We Really Want?”. La canzone Wait For Her contiene un testo ispirato alla poesia Wait For Her tratta dala poesia Dars Mir Kama Sutra (“Lesson from the Kama-Sutra”), pubblicata da Darwish nel 2000 nel libro e adattata da una traduzione di un anonimo.
Il filmato di Mahmou Darwish mentre legge in pubblico “Lessons from the Kama-Sutra” è disponibile online:
L’importanza di Darwish è sottolineata da un affermazione del grande scrittore portoghese José Saramago, che di lui ha scritto: “Se il nostro monde fosse un po’ più sensibile e intelligente, più attento alla grandezza quasi sublime di alcune delle vite che lo attraversano, il suo nome sarebbe oggi conosciuto e ammirato come, per esempio, lo fu in vita quello di Pablo Neruda. (…) Leggere Mahmud Darwish, oltre che un’esperienza estetica impossibile da dimenticare, significa compiere una dolorosa passeggiata sulla scia dell’ingiustizia e dell’ignominia di cui la terra paletinese è stata vittima per mano di Israele, questo boia di cui lo scrittore israeliano David Grossman, in un momento di sincerità, ha detto non conoscere la compassione”.
Il 4 gennaio 2018 Roger Waters aveva postato sulla sua pagina Facebook questa notizia: “Il Natale 2017 sarà ricordato per due giovani donne coraggiose. Lorde (la cantante, nda), perché ha preso posizione per i diritti umani, diventando la prima di una nuova generazione sulle barricate in difesa di uguaglianza, giustizia e libertà, e la sedicenne Ahed Tamimi perché ha schiaffeggiato un soldato pesantemente armato, uno dell’esercito che aveva brutalmente occupato la terra del suo popolo negli ultimi 70 anni. Il soldato era sdraiato contro il muro nel cortile della sua famiglia, pochi minuti dopo che uno della sua unità aveva sparato suo cugino più giovane non armata alla testa con un proiettile rivestito di gomma. Suo cugino fu messo in coma medicalmente indotto. Ahed è in prigione.
Molto rispetto e amore per entrambi.
In solidarietà, Roger Waters”.
Ahed Tamimi e sua madre sono state rilasciate il 29 luglio 2018.
Un altro importante momento legato al rapporto tra Waters e la Palestina avviene durante i suoi concerti, nel momento in cui mostra la foto di un ragazzino che, in piedi e da solo davanti ad un carro armato e con una pietra in mano, viene ritratto nell’atto di lanciare il sasso contro il potente mezzo israeliano. Il ragazzino ha un nome e la foto ha una data. Lui è Faris Odeh, non aveva ancora compiuto 15 anni e l’immagine fu raccolta da un fotografo dell’Associated Press il 29 ottobre 2000. L’8 novembre 2000 Faris ebbe meno fortuna; si trovava nei pressi del valico di Karni, tra Israele e la Striscia di Gaza, a lanciare pietre e fu colpito al collo da un proiettile esploso da un cecchino israeliano. L’immagine è diventata fortemente iconica, come quella di Kim Phúc, la bambina vietnamitaritratta nuda per strada insieme ad altri bambini, terrorizzata e in lacrime per le ustioni subite in seguito ad un bombardamento al napalm avvenuto l’8 giugno 1972.
Faris Odeh è diventato un eroe ed è stato capace di muovere le coscienze del popolo arabo che lo considerano alla stregua di Ernesto Che Guevara. In uno scatto che dura pochi secondi sul grande schermo dello spettacolo di Roger Waters, si nasconde una storia dal significato e dalla valenza profonde. Durante i concerti del tour “Us + Them” si è letteralmente bombardati da messaggi come questo e si deve dare atto a Waters di aver avuto il coraggio di offrire ogni sera, alle migliaia di spettatori dei suoi concerti, messaggi così importanti. È anche il caso di un altra immagine utilizzata da Waters in concerto, quella di Razan Najjar, una ragazza palestinese impegnata come paramedico e quindi con addosso un camice bianco, uccisa a sangue freddo dall’esercito israelianolo scorso 1 giugno mentre soccorreva e curava alcuni a Gaza.
Un altro segnale dell’impegno ‘politico’ e umanitario di Roger Waters. Molti di voi avranno notato che spesso Waters indossa a mo’ di sciarpa una kefiah. A differenza di quanto si potrebbe credere, la kefiah non è un simbolo propriamente palestinese: si tratta di un tradizionale copricapo della cultura araba e mediorientale. Roger Waters non ha nulla contro il popolo israeliano in sé: la sua critica è rivolta alla politica sionista e alla discriminazione in atto fomentata dalle lobby e dal regime di apartheid portati avanti dal governo israeliano. Waters ne indossava una alla presentazione della mostra “Their Mortal Remains” a Roma il 16 gennaio 2018.
Quella indossata da Waters nei suoi recenti concerti nasconde un altro, importante significato, indicato da un particolare ricamo palestinese, il “cipresso” che è un simbolo di vita. Ad Hyde Park il 6 luglio Roger Waters si è soffermato a parlare con il pubblico e indossando questa kefiah, raccontando che gli è stata regalata da alcuni suoi amici. Con molta probabilità si riferiva ai componenti del Trio Joubran, con i quali Waters ha realizzato il brano Supremacy, il cui video è stato pubblicato il 16 marzo 2018. Supremacy è una canzone con il testo letto da Roger Waters e la musica realizzata in collaborazione con Le Trio Joubran. Supremacy traspone in musica i versi de The Penultimate Speech of the ‘Red Indian’ to the White Man (Il penultimo discorso del pellerossa all’uomo bianco), scritto anche questo da Mahmoud Darwish e tradotto da Fady Joudah e Roger Waters. Le registrazioni sono avvenute lo scorso dicembre tra Parigi e Londra e sono state la risposta di Waters alla notizia dello scorso 6 dicembre che Donald Trump, presidente degli USA, avrebbe spostato l’ambasciata americana in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme.
Non domo, Roger Waters durante il concerto al Circo Massimo di Roma del 14 luglio 2018 ha parlato della Freedom Flotilla, una flotta di quattro navi di passaggio in Italia proprio in quei giorni. Provenienti da Cagliari due navi, la Ritorno e la Freedom, hanno salpato a Napoli il 6 luglio 2018. Le quattro imbarcazioni, partite da Svezia e Norvegia, sono dirette a Gaza nel tentativo di forzare il posto di blocco israeliano. Le tappe successive prima di dirigersi in Medio Oriente sono Palermo e Messina.
Waters ha sottolineato l’eroismo di queste persone, che in alcuni precedenti tentativi di arrivare a Gaza hanno subito anche diversi morti.
Waters parla di Freedom Flotilla qui:
Sono in molti a chiedersi se è giusto che un artista così popolare debba schierarsi politicamente in moco così evidente. La risposta la fornisce direttamente Roger Waters, rispondendo ad una giornalista che gli domandava se avrebbe dovuto separare l’arte dalla politica.
La sua risposta? “È solo stupido”.
(Testo di Nino Gatti – Ringrazio Fatima Abbadi per la collaborazione e per le preziose informazioni fornitemi)