Il quotidiano inglese The Mail on Sunday di oggi (19 ottobre) riporta i risultati di uno studio sull’impatto della musica dei Pink Floyd sul cervello, secondo il quale ascoltare Another Brick In The Wall dei Pink Floyd attiva aree del cervello grazie ai suoni a bassa frequenza, rendendo le cellule cerebrali più ricettive ai trattamenti per Alzheimer e Parkinson. Lo studio suggerisce che la musica potrebbe potenziare l’efficacia delle terapie, come la somministrazione di nanoparticelle lipidiche, in modo non invasivo.
Di seguito la traduzione in italiano dell’intero articolo firmato Roger Dobson:
«Come scatenarsi con i ritmi dei Pink Floyd può davvero alterare la mente
MUSICA MAGICA: È stato scoperto che una canzone dei Pink Floyd attiva aree chiave del cervello, aumentando l’efficacia di alcuni trattamenti.
La loro musica è uno degli esempi più influenti di rock psichedelico capace di alterare la mente.
Ma gli scienziati affermano che ascoltare i Pink Floyd ha davvero un effetto sulle cellule cerebrali — e potrebbe renderle più ricettive a futuri trattamenti per Alzheimer e Parkinson.
La scoperta sorprendente arriva da uno studio in cui i ricercatori hanno fatto ascoltare il successo del 1979 della band, Another Brick In The Wall, monitorando l’impatto che aveva sulle cellule cerebrali di esseri umani e topi.
Hanno scoperto che i suoni a bassa frequenza presenti nella canzone facevano “vibrare” le cellule e attivavano alcune parti del cervello, indicando una maggiore attività e stimolando il rilascio di alcune proteine.
Questa attività aumentata potrebbe aiutare gli scienziati a somministrare medicinali per trattare condizioni neurologiche complesse direttamente nel cervello, secondo quanto riferito dai ricercatori dell’Istituto Israeliano di Tecnologia.
Gli scienziati da tempo cercano di capire come superare la barriera ematoencefalica — una sottile membrana che protegge le cellule cerebrali dagli agenti inquinanti presenti nel sangue, ma che blocca anche la maggior parte dei farmaci.
Il metodo più promettente consiste nell’uso di microscopiche bolle chiamate nanoparticelle lipidiche, già impiegate per trasportare il materiale genetico nei vaccini anti-Covid. Sono così piccole che migliaia di esse potrebbero attraversare il diametro di un capello umano.
Lo studio più recente mostra che i suoni a bassa frequenza, come quelli presenti nella musica dei Pink Floyd, possono aumentare l’assorbimento e l’efficacia di queste nanoparticelle lipidiche nel cervello fino a dieci volte, rendendo le cellule cerebrali più attive.
Queste scoperte suggeriscono che un giorno la musica potrebbe essere usata come metodo dolce e non invasivo per migliorare i trattamenti contro le malattie del cervello.
“Quando entri in una discoteca e senti il battito costante dei bassi, sembra che il tuo corpo stia vibrando. È ciò che accade al cervello quando si ascoltano i Pink Floyd”, spiega il professor Avi Schroeder, che ha guidato il team insieme alla dottoressa Patricia Mora-Raimundo.
“Questo suono a bassa frequenza potrebbe essere uno strumento prezioso per migliorare la somministrazione di farmaci in aree specifiche del cervello. Si aprono nuove possibilità per la medicina di precisione, in cui le onde sonore vengono adattate per attivare specifiche regioni cerebrali e trattare in modo mirato disturbi neurologici come l’Alzheimer e il Parkinson.”
I trattamenti per entrambe le malattie degenerative sono limitati e attualmente servono solo a rallentarne la progressione.
Ma uno dei trattamenti più promettenti è la terapia genica, che potrebbe potenziare le cellule cerebrali sane o riparare/sostituire i geni difettosi all’interno delle cellule. Le nanoparticelle lipidiche sono attualmente studiate come mezzo per veicolare tali terapie.
I volontari umani coinvolti nello studio — pubblicato sul Journal of Controlled Release — hanno ascoltato diversi tipi di musica a varie frequenze mentre si trovavano in uno scanner MRI. Il brano dei Pink Floyd è stato quello che ha ottenuto il maggior successo nell’attivare aree chiave del cervello.»


